La memoria della Storia e la fiducia nella Promessa
a cura di D. Livio Buso
In questo editoriale desidero dare continuità alla riflessione che ho condiviso nell'ultimo giorno dell'anno 2013, alla S. Messa di ringraziamento, per aiutare a far memoria degli eventi passati e a vivere quanto ci attende, nel presente e nel futuro, con la sapienza evangelica e l ’impegno cristiano, propri dei credenti in Gesù Cristo.
I continui interventi di Papa Francesco e in particolare l'Esortazione apostolica "Evangelii Gaudium - La Gioia del Vangelo", ci spronano e ci orientano spesso ad uno sguardo sulla vita dell'umanità, e in questa anche della Chiesa, per accorgerci, riconoscere e non dimenticare gli appelli forti di Dio.
É proprio della cultura del nostro tempo "consumare" in fretta ogni esperienza, anche quelle più significative e decisive per la vita dei singoli e delle comunità.
Perché è importante, e a volte decisivo, "far memoria” degli appelli di Dio? Perché, quando Dio parla nella Sacra Scrittura e negli eventi della storia, pronuncia una parola che è sempre riferita a una promessa. Saper leggere, alla luce di Dio, gli istanti di storia, specialmente quelli segnati dalla fragilità degli uomini e delle donne, dalla loro impotenza, è indispensabile per scrutare tra le righe di questa vicenda umana come a Dio nulla è impossibile.
Anzi, come proprio là dove si esprime al massimo la fragilità e la debolezza delle persone, si manifesta la potenza di Dio. L’impossibile umano diventa lo spazio del possibile divino.
Far memoria dell’azione di Dio e della collaborazione che lui domanda ad ogni uomo e donna di buona volontà, significa riconoscere chi è il Dio di Gesù Cristo (è il Dio fedele alla promessa fatta all’uomo) e chi è il credente cristiano (è colui che si fida di Dio e opera nella storia forte della sua promessa). Quando Maria va a trovare la cugina Elisabetta, come ricorda il Vangelo di Luca (1,39 - 45) non va solo per aiutarla, ma va per contemplare il segno che conferma la promessa, le parole dell’annunciazione.
Noi cristiani siamo i discepoli delI’impossibile se obbediamo alla promessa e quindi operiamo secondo il contenuto di tale promessa.
Perché nelle relazioni interpersonali, a tutti i livelli, non si obbedisce a quanto viene detto? Perché, spesso, non vengono pronunciate parole promettenti.
Nello sguardo all’anno da poco concluso, io ho visto "miracoli grandi” perché molte persone incontrate da Gesù Cristo o abitate dalla buona volontà, hanno preso coscienza che la realtà segnata dalla sofferenza, dall'ingiustizia, dall'egoismo, apparentemente senza via di uscita, poteva essere modificata. Tanti fratelli e sorelle hanno creduto e voluto reagire.
È decisiva questa esperienza per quanti sono paurosi, titubanti o si sentono impotenti. Oggi si impone con forza una domanda: "Io non posso fare niente o non voglio fare qualcosa?”.
A volte le montagne che fanno paura diventano colline percorribili perché ci si fida di Dio, della sua promessa e dello Spirito Santo che ci ha ricolmati della sua forza. È facile per le persone scoraggiate, avvilite, ferite, oppresse e schiacciate sentirsi impotenti e perdere il contatto con la realtà o vederla in modo non corretto.
La mancanza di speranza deforma la realtà. Donne e uomini di speranza, invece, hanno creduto nella promessa e hanno operato di conseguenza. Ecco la memoria che non ci blocca nel passato, in ciò che si è compiuto, ma che ci mette in movimento, oggi e nel futuro, per nuovi segni concreti di promesse che devono essere realizzate.
Nel mondo, vicino e lontano, si è vista la forza trasformante della bontà, della solidarietà e della condivisione, specialmente nelle situazioni di vita segnate dal disagio e dalle vecchie e nuove povertà. A livello mondiale abbiamo assistito a missioni di pace; gli aiuti portati a popolazioni colpite da calamità naturali; ad iniziative per chi non ha cibo, dignità, istruzione. salute.
Ricordiamo il lavoro di accoglienza degli immigrati, specialmente nell'Italia meridionale, affrontando disagi e investendo energie straordinarie, pur consapevoli di alcune scelte non rispettose della dignità delle persone alle quali sono state procurate ulteriori sofferenze.
Abbiamo riconosciuto segni di bontà anche negli impegni seri e onesti di coloro che sono stati indicati per il governo a livello nazionale, regionale, provinciale e comunale. Il Signore ha fatto forza nel cuore di donne e uomini che hanno voluto e saputo servire i cittadini, privilegiando i più indigenti.
Nella Chiesa la creatività di Dio e la potenza dello Spirito Santo hanno permesso il dono di Papa Francesco, come vescovo di Roma e guida della Chiesa universale. Erano tangibili la sofferenza. lo scoraggiamento e la sfiducia per cristiani, consacrati e laici, sempre meno capaci di testimonianza evangelica credibile.
Ecco la speranza nuova di una Chiesa dove camminano insieme vescovo di Roma e popolo di Dio; di una Chiesa umile, semplice e non tentata di trionfalismo e carrierismo; di una Chiesa povera e con i poveri; di una Chiesa in esodo, cioè aperta per uscire e andare là dove la gente vive; di una Chiesa invitata ad essere santa perché il Signore la purifica e la perdona; di una Chiesa consapevole di essere peccatrice perché in questo mondo cede all’idolatria rinnegando il suo Signore; di una Chiesa che può provocare quanti hanno responsabilità nella comunità civile ad essere costruttori onesti della città terrena.
Nella nostra comunità cristiana di San Martino, accanto ai segni di situazioni personali e comunitarie ancora bisognosi di conversione, ci sono segni di un progressivo cammino di santità:
- il serio e impegnativo ascolto della Parola di Dio;
- la partecipazione all’Eucaristia e alla Confessione di tante persone, anche giovani e adulte;
- la testimonianza di fedeltà alle scelte di vita degli sposi e dei consacrati;
- la carità di persone e aziende verso le famiglie e le popolazioni in forte disagio economico, impegnando la Caritas e i tre Gruppi Missionari ad una responsabile distribuzione del denaro e dei beni di prima necessità;
- l’offerta della sofferenza da parte di persone anziane e ammalate per il bene di chi è privo della speranza;
- l'entusiasmo e la gioia di giovanissimi e giovani per una formazione cristiana a favore di una fede in crescita;
- la disponibilità di tanti per l'evangelizzazione, la liturgia, la carità e nei servizi di manutenzione e conservazione delle strutture comunitarie;
- la forza, la costanza, la sopportazione di tempi duri per chi è stato provato dalla sofferenza fisica - psicologica - morale - affettiva, dalla morte, dalla perdita del lavoro, dall'incomprensione in famiglia e tra parenti, dall’incapacità di dialogo e di relazione
- nell’attività professionale e nel servizio volontario in parrocchia e nella comunità civile.
Nel cammino di questo nuovo anno vogliamo compiere ancora "segni prodigiosi” grazie alla promessa del Signore e alla testimonianza di chi vi ha creduto.