Omelia Don Livio

IV^ Domenica di Quaresima - 22 Marzo 2020

Introduzione 

La quarta domenica di Quaresima è la domenica della gioia. Siamo a metà del cammino verso la Pasqua e la Chiesa ci propone oggi una sosta di gioia. Non è facile esprimere e vivere questo sentimento nel momento attuale della vita personale e comunitaria, a livello locale, nazionale, europeo e mondiale. Desideriamo, in questa Eucaristia, accogliere la Parola di Dio che porta gioia perché siamo incontrati da Gesù che si fa vicino alle nostre paure, incertezze, cecità per abitarle, trasformarle e anche guarirle. Gesù è la Luce che porta luminosità là dove ci schiaccia l’oscurità di situazioni complesse della vita, là dove ci troviamo non vedenti, cioè incapaci di vedere una prospettiva positiva di vita proprio come in questo tempo.

Omelia

Il Vangelo ci presenta una duplice cecità: quella fisica di una persona cieca fin dalla nascita e quella spirituale dei farisei che non accolgono Gesù, che è la luce del mondo. Nella guarigione dell’uomo cieco noi incontriamo la misericordia di Dio, l’amore e la compassione di Gesù per ogni sofferenza. Nel percorso che compie l’uomo incontrato da Gesù c’è la guarigione fisica e spirituale. La persona si lava nella piscina di Siloe, che significa “Inviato”, ma più profondamente viene trasformata proprio da Gesù, che è l’inviato dal Padre per salvare tutti nella sua pasqua. È l’esperienza straordinaria di tutti i cristiani: nel battesimo sono lavati in Gesù, nella sua passione, morte e risurrezione e recuperano la vista perduta a causa del peccato.

La cecità di questo uomo non dipendeva dal peccato suo o dei suoi genitori. Con Gesù questa credenza diffusa è superata, perché questo modo tradizionale di considerare l’infermità non è corretto. Un’infermità, una catastrofe, un contagio mondiale (pandemia), un evento di grande prova e sofferenza non sono necessariamente legati a un peccato precedente del singolo, del gruppo o della collettività più ampia. Queste esperienze dolorose, al tempo di Gesù, come nel nostro tempo, costituiscono un’occasione per Dio di manifestare la sua bontà. È importante, è determinante per i veri cristiani non rimanere nella cecità dei farisei, ma lasciarsi illuminare per vedere la realtà nel modo corretto e comprendere ciò che Gesù domanda a chi è stato guarito, a chi è ormai nella luce, e non più nelle tenebre, come ricorda S. Paolo nella seconda lettura. Il Signore vede il cuore delle persone, come abbiamo sentito anche nella prima lettura, a proposito della scelta di Davide come futuro re. Il cuore buono fa scaturire bene e non male.

Desidero fermare l’attenzione soprattutto sulla realtà contemporanea, molto dolorosa, che non va considerata come un castigo di Dio per i peccati dell’umanità, ma come un’occasione in cui Dio manifesta la sua bontà servendosi delle donne e degli uomini di oggi, persone dal cuore buono e figli della luce che sono ancora capaci di produrre frutti di giustizia, di verità, di solidarietà.

Proviamo a pensare alle migliaia di persone che stanno dando tutto se stesse nell’attività sanitaria (medici, infermieri, farmacisti e altri operatori sanitari, con la nuova generosità di circa ottomila volontari) a favore di chi porta il grande peso del “corona virus”; a chi si sta impegnando nel governo del nostro paese (governanti, forze dell’ordine, protezione civile , volontari e altri lavoratori) per rendere meno drammatica la situazione dei cittadini, privilegiando i più fragili e poveri; a chi si assume con serietà e senso civico, non per paura ma per coraggio, la responsabilità dei propri atteggiamenti per evitare ogni contagio che può compromettere la propria salute e quella del fratello; a chi mette in atto positive strategie per rendere meno pesante e insopportabile nelle case e negli ambienti sanitari la solitudine degli anziani e degli ammalati; ai sacerdoti, ai consacrati e ai laici disponibili ad accompagnare spiritualmente le persone con le presenze e i mezzi possibili, specialmente con la costante preghiera, con i messaggi di speranza che sgorgano dalla Parola del Signore e dalla preziosa testimonianza di fede e di carità; a chi sta offrendo la propria sofferenza per il bene di tutta l’umanità.


Ci consolano le parole del Vangelo odierno, per bocca del cieco guarito: “Sappiamo … che se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta”. Può costare fatica e provocare disagio, tristezza per una famiglia, una comunità cristiana e civile dover rinviare eventi familiari, celebrazioni sacramentali, attività e iniziative formative, culturali, politiche, economiche, sportive. Di fronte a questi sentimenti non possiamo rimanere ciechi o dimenticare troppo in fretta chi sta rinviando tutto a causa della malattia e chi non ha più nulla da rinviare a causa della morte.


Continuiamo il cammino di conversione, riconoscendoci, pur con le nostre cecità, desiderosi e bisognosi della guarigione di Gesù che, anche oggi, abbiamo visto e sentito parlare con noi, e al quale diciamo “Credo, Signore”. Solo il desiderio di una luce fisica e spirituale ci permette di procedere con fede verso la Pasqua e ci dà la forza e il coraggio di non chiuderci nella paura del tempo della prova, ma di continuare a collaborare attivamente perché questo sia anche il tempo della speranza.