IL DUOMO
La prima idea di realizzare una nuova chiesa che supplisse alle deficienze di spazio presenti da tempo nella chiesa storica del Massari frullò nella testa dell'arciprete Bernardi nella lontana Pasqua del 1925 . I problemi di spazio della Settecentesca chiesa del Massari, infatti, spinsero l’arciprete a trovare una soluzione adeguata alle oltre 9.000 persone che ogni domenica si riversavano nella chiesa che di fatto non poteva contenerne più di 2000, quando erano pigiate. Fu così che il Bernardi, nel mese di aprile del 1925, si decise a muovere i primi passi per sentire il parere degli uffici competenti della curia vescovile e nel contempo chiedere un suggerimento al suo predecessore, Mons. Vitale Gallina, su quale bravo architetto contattare per studiare la soluzione migliore . Il vicario generale, che conosceva molto bene la situazione luparense per avervi ricoperto per qualche anno la carica di arciprete, rispose in breve tempo alla richiesta del Bernardi proponendo di rivolgersi all’architetto trevigiano Luigi Candiani.
Trascorsero alcuni mesi e finalmente il nuovo progetto per la realizzazione del duomo fu presentato al Bernardi il 27 gennaio 1927. L’impatto fu molto lusinghiero: San Martino avrebbe avuto una nuova arcipretale: maestosa, in stile romanico e a pianta basilicale.
Già il 19 aprile, si cominciarono a scavare le prime fondamenta, sotto la direzione del capomastro Raffaele Celleghin di San Martino di Lupari.
A breve la gente, con meraviglia, vide innalzarsi le colonne abbinate, ed ergersi al cielo i maestosi archi. Nell'inverno del '37 si cominciò a coprire l'edificio con il tetto in legno, "una spesa enorme", e successivamente si arrivò al punto critico: la cupola del presbiterio.
Quando si arrivò alla costruzione della cupola, il progettista e il comitato preposto andarono in crisi perché non si sapeva quale forma darle per conciliare il criterio estetico con quello dell'acustica.
Alla fine si decise di costruire la cupola un po' tozza, come si vede ora, salvando l'acustica della chiesa e nel contempo risparmiando notevolmente sul materiale previsto, perché fu ribassata.
I lavori proseguirono celermente e l’entusiasmo massimo si ebbe nel natale del 1937, quando "Gigio Bianchi mette con le lacrime agli occhi l'ultima tegola e poi discende": la chiesa era quasi finita ! Il popolo si portò davanti alla chiesa, Mons. Bernardi, che in quel momento si trovava a letto ammalato, scese e venne portato in trionfo nella sua chiesa. Diciamo "sua" perché egli la considerava il risultato di tanti sacrifici personali; nessun contributo governativo o comunale, infatti, lo aveva sostenuto durante la faticosa costruzione del duomo.
Contemporaneamente si provvide alla rifinitura parziale della chiesa con l’allestimento di altari provvisori, completando il pavimento, acquistando costosissime vetrate colorate. Tutte queste spese furono possibili grazie al sostegno economico dei sacerdoti nativi del paese disseminati per il mondo. Nella primavera del 1938 tutto era pronto, o quasi, mancava solamente la festa dell’inaugurazione. L’arciprete propose alla popolazione le festività pasquali, e così nei giorni 16-17-18-19 aprile del 1938 avvenne la tanto sospirata inaugurazione.
Il duomo ... in cifre
La maestosità del duomo sorprende a prima vista. Sarebbe impossibile sfuggire all’imponenza e alla grandiosità dell’edificio che si innalza sull'incrocio di via C. Agostini con il viale Europa.
La stessa durata dei lavori per portare a termine l'edificio, ben undici anni, testimonia la portata dell'evento e pertanto non ci pare lavoro inutile ricordare alcune cifre che rendono bene l'idea di che cosa significò questa impresa per la popolazione luparense.
- Per portare al tetto l'edificio furono impiegati ben 1.362.000 mattoni
- furono posati 18.500 tavelloni in laterizio
- si acquistarono 53.000 tegole.
- 3.500 quintali di calce comune;
- 2.580 quintali di cemento e calce idraulica;
- 194 quintali di ferro;
- 245 metri cubi di legname (larice e abate);
- 65 metri cubi di marmo;
- 75 quintali di graniti e marmi pregiati.
La spesa totale complessiva per la realizzazione del duomo, stilata il 31 marzo 1938, ammontava a ben 1.182.871 lire complessive.
La struttura architettonica.
Il duomo é formato da una grande navata centrale di m. 11,20 x 34,50, da due navate laterali larghe 5,50 m., da due transetti di m.11,20 x 38, dal presbiterio e dal retro coro che misurano m. 11,20 x 14. All'aula presbiterale sopraelevata si innesta il coro racchiuso da una grande abside e contro abside e delle ampie sacrestie laterali suddivise in due piani. Sotto il presbiterio e il coro si trova la grande cripta. La capienza del duomo si stima essere sulle 5.000 persone.
La facciata é grandiosa; su di essa si innesta un’ampia gradinata sopraelevata di circa un metro rispetto al piano stradale che da’ accesso a tre porte d'ingresso racchiuse in grandi pentafore ad archi ogivali. Sul muro della facciata si può ammirare un triplice ordine di fori ed un grande rosone centrale che illumina la navata interna. La facciata é divisa verticalmente da quattro piloni rastremati che ai vertici terminano con delle nicchie, motivo che viene ripreso nella sobria cornice strutturata ad archetti romanici.
Dalla facciata principale partono i muri perimetrali delle navate laterali, divise da quattro piloni ribassati che racchiudono una teoria di tre archi reali per ogni lato, realizzati con mattoni decorativi ad alto effetto visivo, sormontati da una bella cornice.
Proseguendo nel nostro percorso esterno si intravvedono, dopo i muri perimetrali corrispondenti alle navate laterali, i transetti, che riprendono i motivi stilistici della facciata, privilegiando la tecnica del "vuoto per pieno" che conferisce all'insieme un'elegante maestosità.
La parte terminale della chiesa racchiude con un doppio ordine di sacrestie laterali, il coro e il retrocoro, formando un piacevole movimento di corpi sporgenti e rientranti che danno una visione complessiva articolata, ma nel contempo ordinata. Entrando nel tempio, l’aspetto scenografico é quanto mai suggestivo.
La visione d'insieme delle tre grandi arcate per lato, lavorate con mattoni a faccia vista, é di grande effetto scenico e di ampio respiro che suggerisce eleganza e ricercatezza nei particolari dei capitelli ornamentali in pietra d'Istria sui quali poggiano le arcate sostenute da imponenti colonne abbinate in marmo di Verona. Piacevoli sono anche le finestre rotonde e le belle trifore delle navate laterali che dominano nella massa piena del muro munite di vetri Thermolux lavorati a Livorno.
All'aula presbiterale centrale si accede oltrepassando una elaborata e moderna balaustra in marmo bianco che immette nell'ampia scalinata di marmo verde dove si trova l'altare mobile e in posizione più arretrata l'altare e il tabernacolo, concepiti con preziosi marmi policromi, che segnano la linea di divisione fra il presbiterio e il retrostante coro nel quale si trova l'organo.
Sempre nel transetto s'innesta l’arco trionfale e i quattro nicchioni per gli altari secondari.
(a cura del dott. Claudio Miotto)